Ricordi di viaggi di un italiano nascosto

di Enrico Proietti



silenzi@live.it

Schiaccianoci

05.03.2015 14:34

"Scusa per prima
tu non hai nessuna colpa
ma non avevo voglia
di parlare con nessuno.
Domani è un altro giorno?”

[sms, 2000]

 

Ma il viaggio più bello è quello che non ho ancora fatto con te, piccola mamma nascosta sotto la corazza del tempo. Piccola di più ogni volta che ti senti forte e grande.
Forse lo faremo quando sarò riuscito a penetrarla, codesta tua armatura di paura. Anche delle parole hai paura: per questo uso ‘codesta’, perché spero ti faccia male e che poi tu venga a piangere il dolore sulla mia spalla, abbandonandoti alle mie partenze continue. Viaggeremo insieme; e sarà bello. Sì, piccola grande mamma, niente di più che bello. Ti par poco?
Voglio portarti a visitare i confini della fantasia, darti quello di cui oggi ti privi e fingi di non desiderare nemmeno. Però le punture di dolore che provano i tuoi occhi mentre li distogli da me ti tradiscono, piccola mamma dei tuoi figli. Voglio conoscerti sempre meglio, come il viaggio sa rendere possibile; rischiare di non desiderarti più, salvo poi lasciare che il tuo sguardo d’abbandono liberi nuova brama di te.
Andare con te di meta in meta, senza lacci che ci incavezzino. Come purtroppo ora è. Ma dimenticheremo tutto, unici padroni del nostro arbitrio. Ti riscoprirai meravigliosa: capirai che è vero quando te lo dico; quanto lo è.
E forse finalmente pregherai, piccola mamma grande donna incompiuta.
Io lo faccio già, lo immagini, perché si avverino quelle tue parole che ogni tanto ripeti, sia pur mascherandole con lacrime d’ironia: che ci sia una seconda vita. Dove potremmo essere felici insieme. Dove potrei muovermi con te affianco e con la tua bellezza; quella che mostri e quella che riservi. Dove potrei avvicinare la tua pelle alla mia e provare la solita scarica, miracolo che si ripete intatto. Darei complemento alle tue intime aspettative: mi sto disponendo comunque a saperlo fare, piccola mamma di questa vita.
Lo meriti, ne ha bisogno il tuo essere piccola per ogni tenerezza che trattieni: come sei trattenuta tu a questo molo del quotidiano. E fai come se ti piacesse la tranquillità della darsena, ma percepisci che in quell’acqua immota stagna la tua capacità d’amore.
Piccola mamma timorosa, allora io voglio condurti nelle tempeste chiassose dell’oceano, tra i marosi che ti rubano il fiato, a combattere contro terrori reali. Non devi più confrontarti con le insidie di paure banali, implicite a questo sopravvivere ferma.
Voglio farti divenire protagonista di un’avventura di cui tu stessa disegnerai le scene e i luoghi, sapendo che piacerà anche a me. Sarò vicino a te come e quanto vorrai; affronteremo tutte le prove sapendo di vincerle, supereremo qualsiasi frontiera, vagheremo senza destino altro da quello che avremo stabilito per noi stessi.
Ti risveglierai in posti lontani e mi troverai accanto. Da fuori proverranno voci di un mondo diverso dove ti aiuterò a perderti o te ne guiderò fuori al sicuro: come tu vorrai. Come leggerò nel tuo sguardo, prima immagine di ogni nuovo giorno, ultimo specchio prima di ogni notte.
Piccola mamma dagli occhi zittiti, falli parlare. Andiamo via, partiamo, voliamo dove potrò dilatare quegli istanti fugaci di serenità che riesco a donarti già così: farli esplodere negli spazi più incredibili, che misurerai con la tua gioia di vivere senza fine.
Il tempo ci consegnerà ogni mattina sabbia nuova da passare nella clessidra della felicità; e se sarà poca la faremo scorrere lentamente, contando a uno a uno i granelli e affidando a ciascuno un messaggio di vita. Non li tratterremo, no, li soffieremo perché portino le nostre emozioni nei luoghi dove saremo già stati, perché vi permanga il ricordo di noi due, e in quelli che non avremo ancora visitato, affinché ci segnino le strade da percorrere e le rendano degne dei tuoi passi.
E la rena che fluirà attraverso la strozzatura eroderà le tracce postume della tua sofferenza, e della mia, spettatore impotente o costretto sotto il palco dove si recita la tua esistenza. La mia, sai, attende che tu, proprio tu, le riscriva il copione. Non potrà essere che magnifico.
Così finalmente ti capirò, potrò capirti: mi darai tu ragione di farlo. Tu che imparerai a partire senza aver niente da mettere a posto, bastandoti te stessa, la tua volontà di scoprire: pensando alla gioia del passo da compiere e non all’angoscia per un terreno sconosciuto. Nulla infatti ci procurerà infelicità, quando faremo questo viaggio insieme. Io e te, piccola mamma privata dello spazio e del tempo.
Riacquistali; e parti con me.


Io ero cane – montagna: forse sto divenendo cane – mare; forse. Andrà bene lo stesso?
E tu, cosa fai tu?

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